Come aprire una casa famiglia

Come aprire una casa famiglia

Hai sempre sentito la necessità di fare del bene agli altri, ma non hai mai capito come incanalare questa tua energia? Probabilmente potresti pensare di fare del volontariato con un’associazione o addirittura di aprire una casa famiglia. Su unCome ti spieghiamo come fare per realizzare un sogno, indicandoti come aprire una casa famiglia!

Passi da seguire:
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Una casa famiglia può essere considerata come una struttura destinata ad accogliere minorenni, disabili, anziani, adulti in difficoltà, malati di AIDS, persone disadattate e/o con problematiche sociali, una “comunità di tipo familiare con sede nelle civili abitazioni”.

I requisiti per usufruire di queste strutture sono contenuti nel D.M. 308 del 2001, successivo all’emanazione della legge 328 del 2000 da parte del Ministro per la Solidarietà Sociale. Una casa famiglia risponde alle norme sulle abitazioni civili, pertanto deve rispettare sia la legge 46/90 sugli impianti, ma anche la legge 626/06 e 81/08 sulla sicurezza dei posti di lavoro.

Anzitutto è necessaria l’autorizzazione del comune su cui si trova territorialmente la comunità, ci si deve pertanto rivolgere all’assessorato ai servizi sociali. Immediatamente ci saranno controlli da parte dell’Asl, dell’ufficio tecnico del comune e dei Vigili del Fuoco, pertanto ogni dettaglio dovrà essere perfetto.

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Si deve poi nominare un Rappresentante legale tra i dipendenti della casa famiglia, cui spetterà l’obbligo di scrivere una dichiarazione nella quale si afferma di aver ricevuto i nulla osta e di aver richiesto l’autorizzazione al comune, facendo autenticare il tutto da un notaio.

Successivamente, si deve scrivere anche una domanda in carta da bollo all’assessorato dei servizi sociali del comune, cui allegare il curriculum di tutto il personale, i relativi contratti di lavoro, le autorizzazioni ricevute, la planimetria e il progetto educativo che si intende portare avanti.

Se una struttura ha solo 6 ospiti, non ha bisogno di autorizzazione, ma non deve essere effettuata nessun tipo di attività sanitaria, anche se sono permesse qualora provengano dall’esterno, tipo prestazioni infermieristiche tramite servizi domiciliari della ASL.

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In quest’ultimo caso il gestore della Casa famiglia deve comunicare l'avvio dell'attività al Dirigente dei Servizi Diretti dell’assessorato Politiche Sociali e per le Famiglie del comune, che, a sua volta, comunicherà al comune, entro 60 giorni dal preavviso ricevuto, l’avvio di tutte le attività.

Se si tratta di strutture finalizzate solo all’abitazione, all’istruzione scolastica, all’inserimento lavorativo, ai soggiorni di vacanza e ad attività che non sono socio-assistenziali, non è necessario ottenere l’autorizzazione. In assenza di controllo della Dichiarazione di inizio attività, ossia trascorsi 60 giorni dall’avvenuta comunicazione di apertura della casa famiglia, l’attività si intende temporaneamente autorizzata.

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La casa famiglia può essere una valida alternativa agli orfanotrofi, in quanto dovrebbe avere le caratteristiche affini a quelle di una famiglia, quindi con la possibilità di accogliere minori con diversi tipi di difficoltà sottratti a famiglie di origine “sbagliate”. Ciò che rende più simile ad una famiglia queste strutture è:

  • la presenza di figure simili a genitori(madri e padri) che la considerano come la loro famiglia, vivendo in quella casa;
  • poche persone accolte, in modo da rendere i rapporti interpersonali simili a quelli di una vera famiglia;
  • caratteristiche tipiche di un’abitazione familiare;
  • inserimento profondo e radicato nel territorio;
  • definizione, da parte delle Regioni, dei criteri organizzativi, quale ad esempio l’accorpamento tra più comunità.
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In particolare, per le abitazioni fino a 10 posti letto, basta una organizzazione interna che favorisca lo svolgersi della vita quotidiana, con l’accortezza di adibire uno dei due bagni presenti all’uso da parte di persone con handicap; inoltre il rubinetto del lavabo del bagno più vicino alla cucina dovrà avere la possibilità di essere azionato anche a comando a pedale o a fotocellula, per una maggiore igiene del personale di servizio.

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Le coppie che hanno una sensibilità particolare verso i bambini e intendono aprire una casa famiglia non sono lasciate sole, nel senso che vengono supportate dal Servizio Affido tramite un’organizzazione formata da una Equipe operatori Casa famiglia e da un Gruppo d’incontro delle Case-Famiglia.

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Nel primo caso, si ha un Responsabile dell’Affido, uno psicologo, quattro assistenti sociali, che si occupano di controllare le richieste di affido inoltrate dagli Ambiti Territoriali Sociali e dall’Ufficio Cittadini Senza Territorio, la disponibilità di posto e le caratteristiche del caso da affidare alla casa famiglia in relazione a quelli già presenti nella struttura; di effettuare gli inserimenti insieme all’educatore; di controllare l’andamento del progetto; di stabilire le riunioni del gruppo d’incontro delle case-famiglia.

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Il gruppo d'incontro deve:

  • accompagnare lo sviluppo e il consolidarsi del progetto, oltre a trovare un’occasione di confronto delle esperienze;
  • elaborare il contratto base, che serve a concordare il periodo di accoglienza nella casa famiglia dei minori tra zero e dieci anni per almeno sei mesi e fino ad un massimo di due anni per casi particolari.
  • finalizzare l’accoglienza al riavvicinamento alla famiglia di origine o alla famiglia adottiva o definire la situazione dei minori con un nuovo progetto per loro;
  • assicurare che una delle due figure parentali segua le attività della casa famiglia prevalentemente, con un’attività esterna non superiore alle 18 ore lavorative a settimana e compatibile con il funzionamento della casa famiglia.
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